Wired.it sta analizzando da alcuni giorni il "fenomeno Favij": ovvero tutto ciò che sta nascendo attorno al gamer piemontese. Gameplya con visualizzazioni da urlo, raccolta di figurine, un libro, una rubrica su La Repubblica e... presto anche un film.
Il redattore Gianmaria Tammaro - conosciuto anche perché lavora come addetto stampa per i The Jackal - ha pubblicato su Wired una analisi piuttosto pepata sullo youtuber accusandolo di essere finto, costruito e di essere la copia spudorata e speculare di PewDiePie. Leggiamo qualche passaggio del suo intervento:
Ho cominciato la mia collaborazione su Wired parlando di youtube (e come avrei potuto fare diversamente?), collaboro coi The Jackal da tempo, come ufficio stampa; in questa sede non parlo a nome loro, ma sono forte, è chiaro, anche dell’esperienza che ho vissuto e vivo insieme a loro ogni giorno. [...] Su Youtube girano tantissimi tipi di video: ci sono i vlog, i gameplay; c’è chi prova a girare una serie, e chi si limita a citare, rimpastare e riproporre. Youtube, dopotutto, non è poi così diverso dalla televisione se ci pensate. Non negli ultimi tempi, almeno.
(Su YouTube, ndr) C’è abbastanza meritocrazia, e chi va avanti – e macina views, click e iscritti – lo fa perché semplicemente piace. Poi ci sono gli altri, e negli altri c’è Favij. Giovanissimo, poco più che diciannovenne, neodiplomato e prossimamente al cinema con un film. Vero nome: Lorenzo Ostuni. È diventato famoso per il gameplay: per le sue reazioni durante sessioni di gioco al pc o alle console. [...]
I suoi video hanno una media (quasi) fissa di 500mila visualizzazioni, talvolta anche di più. Ma Favij non è un esempio totalmente positivo della “revolution” iniziata dal web – è una copia, la brutta copia di PewDiePie, lo youtuber con più iscritti al mondo (circa 35 milioni, secondo le ultime stime) di cui emula toni e impostazioni: gioca agli stessi giochi e altera la voce, proprio come fa lui, per presentarsi. L’unica differenza: la lingua. PewDiePie parla in inglese, Favij in italiano.
È vero che è il pubblico a fare la fortuna di un personaggio. Ed è altrettanto vero che occasioni del genere, interessanti per un ragazzo nemmeno ventenne, sono difficili da rifiutare. E la colpa non è nemmeno del “personaggio” quanto piuttosto delle agency e del manager: di chi ha pensato bene di “spremere” i propri assistiti anziché seguirli nella loro evoluzione [...]
Favij, uno stile suo, non ce l’ha. Come molti prima di lui, si sarà appassionato ai video di PewDiePie, avrà trovato interessante il suo modo di fare, di salutare: come si agita, e soprattutto come reagisce giocando ai giochi horror. E si sarà detto, ci voglio provare anche io. È giusto ed è normale partire da questo. Non lo è, invece, costruire un’intera carriera su una pantomima: perché prima o poi la verità verrà a galla. E i confronti cominceranno a farsi, a sovrapporsi, a svilire la genuinità di un approccio (che genuino, appunto, non lo è mai stato).
Dire poi di sì ad un album di figurine e a un film è il cosiddetto “troppo che storpia”: Lorenzo non è un attore, sicuramente non è un calciatore. E il voler dare sempre ragione al pubblico, alla fine, rischia di degenerare...
Fonte: Wired.it